Intervista a Remo Forresu studi della sardegna meridionale

domenica

Intervista a Remo Forresu
Quarant’anni di ricerche archeologiche preistoriche nel territorio del Sulcis: intervista a Remo Forresu curatore del museo archeologico di Santadi

Le prime fonti archeologiche che riguardano il Sulcis ci riportano a A. Della Marmora e poi a seguire V. Angius, G. Spano. Nei primi anni del 1900 i maggiori contributi per la conoscenza di questo territorio si devono a G. Pinza e A. Taramelli. Ma una vera attenzione per le ricerche preistoriche e protostoriche del Sulcis si ebbe negli anni ’60.
In questi anni incominciarono le ricerche più sistematiche per la preistoria con maggiori contributi da parte di più studiosi. Negli anni compresi fra il 1960-1961 Francesco Rombi esplora, cataloga e studia le evidenze prenuragiche e nuragiche nel territorio di Sant’Antioco. Alcuni di questi dati verranno poi inseriti nell’opera di Giovanni Lilliu in ''La Civiltà dei Sardi''. Nel Giugno del 1968 venne scoperto presso la grotta Pirosu Su Benatzu nel territorio di Santadi, il prezioso deposito votivo nuragico. Le successive indagini scientifiche su questo territorio verranno portate avanti da Enrico Atzeni e dai suoi collaboratori. In questo studio furono rilevati: villaggi di cultura Ozieri a S.Arresi, Giba, Masainas e Barbusi. A Villaperuccio l’agglomerato di S’Arriorgiu e il vicino allineamento di menhir di Terrazzu.
Alla fine di questi anni le indagini archeologiche hanno rivolto l’attenzione ad altre evidenze significative con l’esplorazione del riparo Neolitico di su Carroppu-Carbonia, la necropoli a domus de janas di Montessu-Villaperuccio, Pani Loriga Santadi, Locci Santus-S.G. Suergiu e Monte Crobu-Carbonia e al nuraghe Arresi di Sant’Anna Arresi, già menzionato da A. Della Marmora come nuraghe Arriu.
Anche il territorio dell’Iglesiente ha restituito importanti e significative testimonianze riguardanti il periodo preistorico e protostorico. Diverse sono le segnalazioni già menzionate anche per questa zona dallo Spano, come pure ritrovamenti occasionali di contadini e pastori. Alcune esplorazioni del territorio, ricoperto in gran parte da rocce calcareo-dolomitiche intensamente carsificate, sono condotte da gruppi speleologici locali. Solo nel territorio del comune di Iglesias il 30% dei siti archeologici sono situati in cavità carsiche. Ma i primi scavi scientifici, oltre alle ricerche del Taramelli e Giovanni Lilliu nel nuraghe sa Domu de S’Orcu-Domusnovas si devono ad Enrico Atzeni, con lo scavo della necropoli pre-nuragica di San Benedetto-Iglesias.
Molte ricerche, scavi sistematici e interventi mirati al recupero di situazioni critiche, a causa di violazioni da parte di clandestini, si deve alla Soprintendenza Archeologica.
Ha intensamente lavorato nel territorio del Sulcis il Signor Remo Forresu, curatore del Museo Archeologico di Santadi.


Intervista

Signor Forresu lei attualmente è il curatore del Museo archeologico di Santadi, dopo tanti anni di ricerca sul campo in collaborazione con l’Università di Cagliari. Quando ha iniziato la sua attività.

<< Appassionato di antichità sin da ragazzo, quando mi scrissi all’Università di Cagliari ho avuto la fortuna di incontrare Prof. Enrico Atzeni, docente di Paletnologia, che seguirò in tutti i suoi scavi. Il primo approccio diretto con l’archeologia è stato tra il 1969 e ’70, quando Prof. Atzeni mi invitò a seguirlo nello scavo delle domus de janas di Pani Loriga. Nei successivi anni le ricerche si fecero più intense e vennero aggiunti importanti tasselli all’archeologia del territorio. Lo scavo più emozionante fu quello eseguito nel riparo sotto roccia di Su Carroppu, che restituì ceramiche cardiali, riferibili ad un Neolitico antico ancora oggi con una facies più arcaica di tutta la Sardegna. La conoscenza del mondo Neolitico proseguì con l’indagine nelle necropoli preistoriche a domus de janas di Locci-Santus a S. Giovanni Suergiu, la tomba monumentale di M.Crobu a Carbonia e lo straordinario complesso ipogeico di Montessu a Villaperuccio >>.

L’enorme quantità di campagne di scavo, non solo in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi a cui ha partecipato in collaborazione con l’Università di Cagliari, hanno portato alla conoscenza di un territorio così ricco di evidenze archeologiche. In questa sua esperienza ha sicuramente maturato e di conseguenza tracciato un quadro preciso di quelli che sono stati i passaggi fondamentali. Potrebbe fare un’analisi delle evidenze archeologiche del territorio.

<< Sino alla fine degli anni sessanta il mondo archeologico aveva rivolto le attenzioni esclusivamente alle emergenze della colonizzazione fenicia e successiva penetrazione cartaginese. L’antica Sulkì a S.Antioco e M.Sirai a Carbonia ne sono chiari esempi. La scoperta del tempio ipogeico nuragico nella grotta di Su Benatzu a Santadi, che ha restituito migliaia di vasi e monili in bronzo, suscitò un interesse tale che il Sulcis, allora poco conosciuto per le sue valenze archeologiche preistoriche, destò un interesse tale da indurre Enrico Atzeni e Giovanni Lilliu, allora docenti di Paletnologia e Antichità Sarde dell’Università di Cagliari, a condurre ricerche sistematiche e prospezioni anche sulla scorta di notizie e dati fornitegli da chi da sempre conosceva quei posti. Fu così che grotte e anfratti si rivelarono essere le prime abitazioni di gruppi primitivi che hanno occupato il territorio ben ottomila anni fa. E’ l’uomo neolitico che, in momenti in cui scopre la pietra nera vulcanica, l’ossidiana, modifica l’ambiente naturale del territorio del Sulcis Iglesiente. Scopre l’agricoltura e lentamente realizza i primi villaggi capannicoli all’aperto, lungo i bacini idrografici del Rio Mannu-Palmas e del Cixerri. Venera i propri defunti scavando mirabili tombe nella roccia viva. Con la scoperta dei metalli si intensificano contatti con presenze extrainsulari che produrranno radicali mutamenti socio-economici e strutturali, specie nel tessuto insediativo: nasce il megalitismo. Il controllo del territorio assume caratteri vitali in una economia che ormai si basa sull’allevamento del bestiame e sulla gestione delle valli e bacini fluviali. Tutto ciò porterà alla realizzazione di monumenti ciclopici, i nuraghi, sentinelle silenziose distribuiti in tutto il territorio, che ormai ha assunto il carattere di cantone nella gestione dei beni comunitari. Le tombe di giganti, quelle di Barrancu Mannu a Santadi e su Niu de Su Crobu a S.Antioco per citarne alcune, i pozzi sacri quello di Tattinu, sono l’espressione di un ormai acquisito spirito religioso legati alla morte e alla vita. Il crollo di questo vasto impero megalitico, nell’età del Ferro, consentirà la colonizzazione del territorio da parte di popolazioni medio orientali, i Fenici prima e i Cartaginesi poi, che dopo gli insediamenti costieri occuperanno anche l’interno con le fortezze di M.Sirai e Pani Loriga, quest’ultima nel cuore della valle del Rio Mannu di Santadi >>.

Qual' è lo scavo che maggiormente ricorda e perché.

<< Tutti gli scavi mi hanno dato tanto. Dal punto di vista emotivo, quello che maggiormente ricordo, è la scoperta della tomba monumentale n° X di Montessu, nel 1982. Essere stato il primo ad entrare dopo 3800 anni non si dimentica >>.

Fra le sue attività ha realizzato una mostra grafico-fotografica, ''Il Popolo dei Sardi'', per il Circolo Culturale di Cinisello Balsamo (Mi). Lo scopo di questa iniziativa.

<< Nel 1994 venni invitato dal circolo culturale di emigrati sardi ''Emilio Lussu'' a tenere una conferenza sulla Civiltà Nuragica che tra l’altro riscosse un vivo interesse. Dal momento che i Circoli Sardi, distribuiti soprattutto nel centro-nord Italia, annualmente propongono ''La Settimana Culturale Sarda'', un modo per far conoscere la Sardegna ai locali, con i soci del Circolo ebbi l’idea di realizzare una mostra grafico- fotografica corredata di testi e che fosse itinerante. L’intento era quello di prestarla ad ogni Circolo per i festeggiamenti della loro Settimana Culturale con l’impegno che sarei andato a presentarla ogni qualvolta fosse richiesta. E’ così che sono diventato un po’ itinerante anch’io. Un’altra mostra permanente l’ho realizzata con Prof. Enrico Atzeni per il comune di S.Anna Arresi “ La storia degli scavi del nuraghe Arresi” che scavammo negli anni settanta >>.

Fra il 1999-2000 ha allestito il Museo Archeologico di Santadi con la collaborazione scientifica di Prof. Enrico Atzeni, dopo un’esperienza maturata come curatore e allestitore sempre in collaborazione con Prof. Atzeni presso il Museo di Laconi. Ci parli di questa esperienza.

<< Allestire un museo non è cosa semplice. Alle spalle ci sono anni di esperienza maturati con scavi e ricerche, specie se si tratta di museo territoriale, come quello di Santadi. Devi avere un quadro conoscitivo non indifferente di tutte le realtà della cultura materiale e saperla leggere in ordine di tempo per la sua giusta collocazione. Un museo deve trasmettere, comunicare attraverso una facile lettura di quello che si espone. Se non si ottiene questo meglio lasciar perdere. E’ un lavoro immenso, insomma, dove a realizzarlo dovrebbe concorrere un’intera equipe >>.

Il suo impegno come Curatore del Museo Archeologico di Santadi

<< Fare il curatore di un museo archeologico lascia poco spazio alla ricerca e allo scavo, quello che mi è sempre piaciuto fare. Gli impegni sono un po’ diversi seppur gratificanti, come seguire gli studenti universitari da tirocinanti, laureandi e dottorati di ricerca; oppure coordinare scavi e iniziative culturali. Tutte attività dove il museo diventa veramente la centrale da dove attingere notizie e dati per una conoscenza più esaustiva del nostro passato >>.

Cos’è per lei l’Archeologia

<< Lo dicevo prima: se non si conosce il cammino dell’uomo e non lo si rispetta e protegge, che speranze abbiamo nel suo futuro >>.

Ringrazio il Signor Remo Forresu per aver raccontato la storia delle tappe principali della ricerca archeologica preistorica nel territorio del Sulcis, e per avermi fornito materiale fotografico inedito relativo ad alcuni momenti dello scavo scientifico.


La seguente intervista è stata redatta a cura della Dottoressa Archeologa Lucia Deidda.

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