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Ancora sui Fenici...

Le due anime dell'Isola [modifica]
Gli archeologi hanno ipotizzato che con lo sbarco dei Fenici ebbe iniziò nell'Isola la coesistenza di due anime ben specifiche e caratterizzate: una definita costiera, originata dalla coabitazione tra i mercanti semiti e i sardi dei villaggi nuragici costieri, e un'altra interna, ossia quella della civiltà nuragica vera e propria dei villaggi dell'entroterra.
La presenza delle nuove genti semite sul suolo sardo fu avvertita dagli autoctoni come un pericolo solamente quando era già troppo tardi, e quando oramai i semiti di Sardegna, dopo diverse generazioni, si sentivano pure loro isolani a tutti gli effetti, al pari dei nativi nuragici. Tra le due anime - in quel periodo - ci fu vera e propria integrazione, e l'economia dei primi centri costieri rimase orientata verso i commerci marittimi, mentre quella dell'entroterra rimase legata al mondo agro pastorale ed allo sfruttamento del territorio.

Urbanesimo e scrittura [modifica]

I Fenici introdussero in Sardegna una forma di aggregazione urbana fino ad allora sconosciuta agli autoctoni dei territori interni. I clan nuragici abitavano in cantoni, ossia vasti territori ben definiti e controllati tramite torri nuragiche situate in punti strategici. Furono abilissimi nel progettare e costruire complessi agglomerati difensivi e a ridosso di questi, al di fuori delle mura, si situavano i villaggi, pronti ad essere evacuati in caso di attacco. Così come i Nuragici divisero l'Isola in cantoni, così gli oramai sardo-fenici organizzarono i villaggi costieri in città ben organizzate. Oltre all' urbanesimo, introdussero in Sardegna la scrittura. La Stele di Nora, una stele sepolcrale datata al IX secolo a.C., conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, rappresenta il primo esempio di scrittura ritrovato in Occidente. Secondo molti ricercatori tale stele costituisce anche la prima testimonianza attestante il nome scritto usato per denominare la Sardegna. Sulla stele compare infatti il toponimo SHRDN, senza vocali come consuetudine nelle antiche lingue semitiche.
Silanus,Nuraghe Carbos

L'epoca d'oro dei sardi nuragici [modifica]


Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Civiltà nuragica.

Secondo gli archeologi, il periodo che va dal 900 a.C. al 500 a.C., corrisponde all'epoca d'oro della civiltà nuragica. L'artigianato produsse ceramiche raffinate e strumenti sempre più elaborati, mentre aumentò la qualità delle armi. Con il prosperare dei commerci, i prodotti della metallurgia e i manufatti sardi raggiunsero ogni angolo del Mediterraneo, dalle coste siro-palestinesi a quelle spagnole e atlantiche. Intorno ai nuraghi, sempre più complessi ed elaborati, le capanne nei villaggi aumentarono di numero e ci fu generalmente un ampio incremento demografico. Ma la vera conquista in quel periodo, secondo l'archeologo G. Lilliu, non fu tanto l'accuratezza nella cultura materiale, ma bensì l'organizzazione politica che ruotava intorno al parlamento del villaggio, nel quale un'assemblea composta dai capi e dalle persone più influenti, si riuniva per discutere sulle questioni più importanti e sulla giustizia. Secondo l'illustre studioso, questa forma di governo, benché non originale ed esclusivo della Sardegna, si ritrovò intatto, dopo duemila anni, nello spirito delle coronas giudicali. In epoca recente, i ricercatori hanno scoperto, in località Monti Prama, non lontano dall'antica città di Tharros, nella Sinis, luogo di contatto tra i Sardi nuragici e i nuovi arrivati Fenici, imponenti statue in pietra arenaria, rappresentanti guerrieri armati con archi e altre armi, segno eloquente che la civiltà nuragica si evolveva verso forme sempre più spettacolari ed imponenti.

Espansione militare dei fenicio-punici [modifica]


Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Cartagine, Espansione cartaginese in Italia e Battaglia di Alalia.

Conosciute per loro prosperità, le città stato di Sardegna entrarono nell'orbita di espansione di Cartagine. Alla nascente potenza coloniale punica, proiettata verso la conquista delle rotte mercantili nel Mediterraneo occidentale, interessava non solo il controllo del territorio circostante i centri urbani costieri, ma anche le fertili pianure dell'entroterra, e soprattutto lo sfruttamento esclusivo delle ricche miniere di metalli, dominio fino ad allora delle genti nuragiche dell'interno. Ebbe inizio una lunga guerra che vide i Punici penetrare verso i territori dell'interno. Da Karalis arrivarono fino a Monastir e San Sperate, da Sulci fino al Monte Sirai, da Tharros occuparono il Sinis e si spinsero fino a Narbolia e a San Vero Milis, fondando in queste nuove terre i centri urbani di Othoca e di Cornus.
Al tentativo di colonizzazione seguì l'inevitabile reazione armata dei sardo-nuragici: in breve rioccuparono i territori invasi minacciando la distruzione delle città stesse. La fortezza del Monte Sirai, baluardo avanzato dei Sardi-semiti, fu ripetutamente attaccata e ripresa. Il tentativo di respingere l'invasione verso l'entroterra segna, verso il VI secolo a.C., l'entrata della Sardegna negli annali della Storia: la letteratura classica infatti ci da per la prima volta un resoconto preciso e datato su ciò che stava accadendo sull'Isola.

Prima guerra sardo-punica [modifica]

A difesa degli interessi semiti, nel 540 a.C. Cartagine inviò in Sardegna un suo esperto generale, già vittorioso in Sicilia contro i Greci e da questi chiamato Malco (ossia il Re). Sbarcato nell'Isola con un corpo di spedizione composto dalle èlite puniche, con il compito di liberare le città sorelle dall'incombente pericolo di annientamento, Malco trovò ad aspettarlo la feroce ed organizzata resistenza dei Sardi nuragici. Travolti da continui attacchi e dalla sanguinosa guerriglia che si sviluppò intorno ai loro movimenti, i Cartaginesi furono costretti a ritirarsi e a reimbarcarsi subendo ingenti perdite. Non furono le fortezze nuragiche però lo strumento di vittoria per i Sardi, ma i Punici furono sconfitti in scontri campali. L'intervento di Cartagine fu descritto dallo storico romano Marco Giuniano Giustino, e sembra che nella madrepatria questa sconfitta fu accolta come un disastro tanto da motivare successivamente ampie riforme civili e militari. Dopo questi avvenimenti, l'esercito fu potenziato e divenne il simbolo e lo strumento della volontà di dominazione cartaginese.
In tale periodo, secondo gli studiosi, vi fu l'introduzione nell'Isola di una malattia fino ad allora sconosciuta: la malaria. Si suppone che furono le truppe di Malco a portare in Sardegna le zanzare anofele, terribile flagello per gli isolani sino al 1946-50.

Seconda guerra sardo-punica [modifica]

Dopo la vittoriosa battaglia navale del Mare Sardo contro i Greci focesi, i punici al comando dei due fratelli Asdrubale e Amilcare, figli di Magone, nel 535 a.C. tentarono una nuova campagna militare per la conquista dell'Isola.
Non si sa molto di tale spedizione, ma si suppone che l'avanzata punica fu arrestata nuovamente nei Campidani, prima ancora di raggiungere le propaggini montuose delle zone interne. La resistenza dei sardi fu nuovamente accanita e la guerriglia assai feroce. Di sicuro, venticinque anni dopo, nel 510 a.C., si combatteva ancora, ed in quell' anno i Punici persero in battaglia il generale Asdrubale. Gli sforzi tuttavia portarono a dei risultati se si pensa che nel 509 a.C. si poté stipulare il trattato con Roma che riconobbe a Cartagine il possesso della Sardegna.

La rivolta del 368 a.C. [modifica]

Ma la convivenza armata tra i due popoli fu assai difficile, e ripetutamente scoppiavano rivolte e ribellioni nelle comunità sardo-nuragiche dei territori occupati, costrette a pagare forti tasse e a sottostare a pesanti imposizioni come il divieto di coltivare in proprio la terra. I Nuragici persero il controllo dei centri minerari dell'Inglesiente dove i punici assunsero il controllo diretto delle miniere, sfruttando la manodopera indigena per l’estrazione dei minerali. Nel 368 a.C., nonostante quasi un secolo di presenza punica, scoppiò l'ennesima ribellione. Per la durata di diversi decenni, i Sardi nuragici costrinsero gli eserciti cartaginesi a vere e proprie campagne militari per sedare le rivolte.
Aiutati dalla loro potente flotta, i Cartaginesi riuscirono però a controllare tutti i porti e impedirono ai sardi ribelli della parte settentrionale e orientale ogni commercio con l'esterno, assediando l'Isola con un vero e proprio blocco navale. Il trattato del 348 tra Roma e Cartagine dimostra che i punici raggiunsero un relativo controllo sulla Sardegna attuando una accentuata occupazione territoriale nei Campidani, nel Sinis, in Trexenta, Marmilla, Iglesiente. Si costruirono opere di difesa a Nora, Monte Sirai, Kalari, Tharros e Bithia.
Colonne di restauro fra le rovine di Tharros.

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